I muretti a secco

Passeggiando per le campagne del Salento, vi capiterà sicuramente di imbattervi in un particolare tipo di costruzione, senza cemento, né malta. Si tratta dei muretti a secco che si irradiano tra uliveti, frutteti e vigne e che disegnano i contorni della vita agricola di questo territorio. Il panorama agreste del basso Salento è caratterizzato dalla presenza di tanti piccoli appezzamenti di terra. Ma come definire i confini di un fondo quando non era così diffuso l’utilizzo di leganti edili?

Contadino scarpe grosse e cervello fino

I braccianti utilizzavano le pietre trovate dissodando i terreni per delimitare i campi che lavoravano, e l’origine di questa usanza risale a millenni addietro, al tempo dei greci e dei romani. 

Con la stessa tecnica si erigevano le pajare e tante altre costruzioni popolari che ancora oggi campeggiano nel panorama salentino. La costruzione di queste pareti è una vera e propria arte, che si è sviluppata nel corso dei secoli in maniera naturale ed è stata tramandata di generazione in generazione negli strati più umili dei popoli salentini.

Oltre alla funzione di confine, i muretti a secco hanno ricoperto e ricoprono tutt’ora un ruolo che in molti non conoscono ma che è fondamentale per l’ecosistema locale. Infatti, l’assenza di materiale cementizio permette l’infiltrazione e la successiva conservazione dell’umidità, permettendo ai muretti di comportarsi come degli annaffiatoi che nutrono la flora sottostante. Provate a fare caso all’ingente presenza di vegetali vicino ai muretti 😉.

 “Le strutture a secco sono sempre fatte in perfetta armonia con l’ambiente e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura”. Nel 2018 l’UNESCO, motivando così la sua scelta, ha aggiunto i muretti a secco tra i patrimoni immateriali dell’umanità.